Yvaine, a shooting star.

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    Rosaleen O'Bran
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    Premetto che non è pura invenzione, in quanto sono stata ispirata da un film, poi per il resto e tutta invenzione.
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    Yvaine, a falling star


    *Prologo*

    La giovane non parlò per alcuni secondi, poi risposeUna notte piena di stelle.
    Due ragazzi in piedi su una rupe si abbracciavano. Il ragazzo scostò una ciocca di capelli biondo oro dalla fronte della giovane. Sorrise osservando il diamante e l'azzurro degli occhi della ragazza.
    La giovane abbassò lo sguardo, si sentiva bene, completa dopo tantissimi anni. Il suo voltò brillava di una luce quasi accecante, incredibile e naturalmente impossibile. Daniel la guardò, sconvolto e meravigliato, non riusciva a parlare tanto era bella la visione che aveva davanti ai suoi occhi. Yvaine sorrise, la luce aumentò ancora di più.

    - Yvaine - mormorò Daniel guardandola - cosa ti sta succedendo? - domandò continuando a fissare il volto della ragazza.
    La giovane ragazza parlò, la sua voce era dolce, calma come una notte senza vento.
    - Ecco, quando sono amata da qualcuno io brillo. -
    - Brilli? - chiese il ragazzo, confuso, senza capire.
    - Si, io brillo, Daniel. Io sono una stella cadente -

    Edited by ~Isabella. - 21/4/2009, 16:22
     
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    Capitolo uno:Etoile Filante


    *10 agosto 1991*

    Stelle che accese in un attimo e spente, rigano il cielo d'un pensier di luce.

    Un alto ripiano ricoperto da pini si stagliava contro il cielo notturno, limpido e ricoperto di stelle.
    La notte era silenziosa, si sentiva il vociare dei gufi, ma non era una notte qualsiasi. Due ombre comparvero nel bosco, un lungo mantello grigio copriva i loro corpi, un corpo snello e scattante.
    Una delle due figure aveva tra le braccia un fagottino nero, un bambino dai capelli castano chiaro e un viso d'angelo.
    Alla luce della luna si notò il luccicare di un medaglione al collo del bambino nel fagotto.
    Le due ombre sentirono un rumore, inudibile all'orecchio umano, un sussurro o un rametto spezzato, repentine scomparirono nella vegetazione.
    Dopo qualche minuto comparvero due ragazzi, due giovani di circa 23 o 25 anni l'uno. Scherzavano divertite, la ragazza correva rincorsa dal giovane venticinquenne.
    La ragazza parlò fermandosi e riprendendo fiato – Ed, fermiamoci un secondo. -
    Ed si fermò sorridendo, avvicinandosi alla ragazza e abbracciandola – Va bene Lizzie -
    Stretti l'uno al altro, guardarono il paesaggio davanti a loro, la Sierra Nevada con incredibili boschi, che si estendevano a perdita d'occhio.
    Il venticello estivo li investì dolcemente, accarezzando i loro profili uniti.
    - Ed, sai che oggi è S. Lorenzo - disse la giovane, alzando il volto verso il cielo notturno con la speranza di scorgere una stella cadente. Edward guardò la ragazza - allora siediamoci e aspettiamo - rispose riferendosi alle stelle cadenti.
    I due giovani si sedettero su di un asciugamano portata per l'occasione e rimasero abbracciati osservando la volta stellata.

    A chi il gran cielo cupo
    getta i suoi astri d'oro?
    Pioggia sprizzante dall'ombra,
    cadono... ancora! Ancora!

    Erano passati pochi minuti quando il cielo fu percorso da una scia luminosa come poche, una stella cadente attraversò il cielo da nord a sud. I due amanti spaventati si alzarono, la stella era caduta a pochissima distanza da loro. La tensione si trasformò in curiosità e la curiosità in voglia di sapere.
    Ancora si alzava il fumo dal cratere formatosi quando i due giunsero al luogo dell'impatto.
    La coltre bianca impediva la vista, ma una volta diradatasi poterono vedere un fagotto in terra, una coperta color argento sulla quale era posto un ciondolo a forma di stella e di diamante e una pergamena.
    I due raccolsero titubanti il fagotto, e si ritrovarono a coccolare una bambina dai capelli color dell'oro e un viso di porcellana.
    - Edward - sussurrò spaventata Elizabeth. - Che cosa facciamo? - chiese, mentre i suoi occhi già da mamma chiedevano di tenere la bambina. Edward guardò la neonata tra le braccia dell'amata, sospirò - La teniamo -
    I due si guardarono, consapevoli di aver ricevuto un dono dal cielo, una stella cadente.

    *Diciassette anni dopo*

    - Yvaine - esclamò una voce gioviale, ma anche arrabbiata. - Farai tardi a scuola - aggiunse Elizabeth.
    Erano passati diciassette anni da quella notte e Yvaine era cresciuta, consapevole di essere diversa e speciale.
    Si guardò allo specchio, i capelli biondi le cadevano sulle spalle in morbide ciocche, boccoli grandi e soffici, gli occhi color del ghiaccio e del cielo scrutarono il suo viso allo specchio. - Arrivò - esclamò prendendo lo zaino e aprendo la porta.
    Al collo luccicava un ciondolo di diamante a forma di stella.
    Salutò con un bacio la mamma e il papà che in cucina discutevano di un nuovo mobile per il salotto. Fece per andarsene senza fare colazione, ma la madre notatala esclamò - Yvaine Mary - Jane Finch - quando usava il suo nome per intero non era mai una cosa buona, la fanciulla si voltò.
    Il suo voltò d'angelo era contratto in una smorfia che voleva dire "beccata", la madre le disse – Evita, quando esci la sera di illuminare tutta Clovis, ieri sembrava giorno tanta era la luce. Non è perchè ti fanno ridere, tu devi diventare una lampadina -
    Yvaine abbassò il capo, pentita, era un suo piccolo problema, che difficilmente avrebbe risolto.
    La madre vedendola pentita, sospirò, la abbracciò accarezzandole i capelli biondi e dandole un bacio. - Su vai - iniziò col dire la donna. Yvaine sorrise e dopo aver salutato con un bacio il padre, sceriffo, uscì da casa.

    Poco lontano da lei, un giovane dai capelli castano chiaro, un fisico asciutto e un paio di occhi azzurri incastonati un volto divino, uscì da casa. La madre sulla porta lo salutava solare - Ciao Daniel. -
    Il giovane Daniel salì sulla macchina e si allontanò sfrecciando, per poco non investì una giovane ragazza dai capelli biondi e l'aria della studentessa modello.



    Capitolo due: Cambiamenti

    Yvaine era appena uscita dal viottolo di casa sua, quando un’auto grigia metallizzata le sfrecciò accanto e per poco, non la investì.
    Rimase bloccata sul marciapiede, la paura si era impadronita di lei per un secondo e non era riuscita a muovere neanche un muscolo.
    La giovane passò una mano tra i capelli, e riprese la sua strada, tranquilla senza esitazioni.
    Yvaine era una bella ragazza, ma forse per la sua timidezza e la sua propensione allo studio non rientrava certo nelle sfere più alte della scale sociale.
    Si svegliava sempre prima per potersi recare a scuola a piedi e arrivare in orario e mai in ritardo.
    Amava camminare alla luce del sole, e si era adattata ai ritmi della vita umana.
    Dormire di notte e stare svegli di giorno non erano certo l’abitudine delle stelle, ma vi era costretta. Alzò il passo per arrivare a scuola in tempo.

    La Clovis High School era un edificio bianco, molto grande e circondato da campi da tennis, da rugby, football e piscine.
    Il parcheggio accanto alla scuola era stracolmo di macchine e studenti rumorosi che parlavano e scherzavano, discutendo del weekend appena trascorso. Daniel, a bordo della sua Ford metallizzata, entrò nel parcheggio trovando immediatamente posto. Scese dall’auto prendendo lo zaino su sedile posteriore; mentre camminava verso l’ingresso molte ragazze lo guardarono sognanti, il ragazzo era un tipo abbastanza allegro, ma non superficiale, non gli importava avere dietro di lui una fila di oche urlanti che facevano di tutto per essere notata. Invece, lui era un ragazzo con degli interessi e un futuro radioso davanti a sé; se solo avessero saputo cosa era. Guardò attorno a sé, gran parte dei ragazzi della scuola non era entrata, ma di lì a poco sarebbe suonata la campanella. Notò una figura snella e aggraziata attraversare con passo elegante il parcheggio: Yvaine. Agli occhi di Daniel, Yvaine era sempre stata una giovane molto timida e riservata, che di giorno rimaneva taciturna, come se non fosse a suo agio durante le ore diurne, nonostante non fosse popolare, molti ragazzi erano innamorati di lei, o comunque attratti da quel suo modo di fare genuino e semplice. Daniel osservò i suoi movimenti, lenti e calmi, sempre misurati, s’intrufolava flessuosa tra gli studenti fermi nel parcheggio; era troppo perfetta per essere umana, come anche lui, per le ragazze, era troppo perfetto per essere umano: ed infatti non lo era.
    Yvaine attraversava a passo misurato e calmo il parcheggio, molti ragazzi la fissarono, mentre lei, senza badarci, aumentava il passo. Camminava sempre a testa china a scuola, si sentiva a disagio, come se la vita durante il giorno non fosse per lei. Salì gli scalini bianchi che portavano all’ingresso della scuola. Appoggiato alla parete bianca, accanto ad un pilastro, c’era Daniel. Non lo conosceva di persona, se non tramite una o due parole scambiate durante il corso di letteratura inglese,per lei era sempre stato interessante, troppo bello per essere umano. I suoi modi di fare richiamavano altre realtà, fantastiche e magiche, mondi da cui proveniva lei stessa. Yvaine passò avanti al giovane, i suoi occhi azzurri incontrarono quelli di Daniel, giusto un attimo, una scossa salì lungo la schiena. Deglutì continuando a camminare, non capendo il perché di quel brivido. Incontrava Daniel quasi ogni giorno nei corridoi, ma mai aveva provato quella sensazione, sentiva le farfalle nello stomaco, era un’emozione nuova e alquanto piacevole per lei. Yvaine si voltò a guardare Daniel, si sorprese nel vedere che la fissava, un’espressione strana sul viso. Si sorprese ancora di più quando si avvicinò a lei, cosa poteva mai volere, lei non lo sapeva e non voleva.

    Daniel camminava verso di lei, nel frattempo il suo cervello formulava le emozioni più disparate. “Che cosa era quella strana sensazione?” pensò lui, mentre si avvicinava. “riesco a percepire i suoi pensieri, anche lei se lo chiede.” Rimuginò il giovane ragazzo, la sua andatura stava rallentando quando sentì la paura della ragazza nel vederlo a pochi passi da lei. Non voleva spaventarla, così passò oltre. Notò il suo sospirò di sollievo, e anche il sorriso angelico che increspò le sue labbra di pesca. Faceva così paura, o forse quella scarica lungo la schiena l’aveva spaventata oltre ogni dire. Daniel continuò a camminare lungo il corridoio, sentiva ancora lo sguardo cristallino di lei puntato su di lui, perché lei la seguiva con gli occhi, mentre fino a qualche istante prima era quasi morta di paura.
    La prima aula che incontrò fu quella di biologia, il professor Lair aveva affisso un foglio con le coppie per le esercitazioni, Daniel lo scorse con lo sguardo e notò che era stato accoppiato con una certa Ivana Ford, proprio sotto il nome della sua compagna c’era scritto Yvaine Finch e affianco al suo nome, quello del ragazzo che Daniel più odiava nella scuola: Dylan Johnson. Provò improvvisamente una fitta allo stomaco, perché gli dava tanto fastidio quel nome, affianco alla sua Yvaine. Sua? Aveva pensato proprio sua. “Non dire idiozie, lei non è mia. Non posso innamorarmi di un’umana” pensò il ragazzo, ma allora perché quell’improvvisa scarica alla schiena e poi quella morsa allo stomaco mentre guardava con disgusto quel nome: Dylan Johnson.
    E poi sapeva che Yvaine non era tanto umana, no una bellezza come la sua doveva essere assolutamente di un altro mondo. Si guardò intorno mentre decideva sul da farsi, nessuno gli prestava attenzione, anche se molti ragazzi erano entrati a scuola. Yvaine era scomparsa, pronta per la nuova lezione, era il momento buono, Daniel guardò le parole sul foglio, i nomi erano simili, nessuno avrebbe notato la differenza, il ragazzo bisbigliò alcune parole – Mutwa Auei. –
    I nomi sul foglio cambiarono forma, come piccoli serpenti pieni di vita, le parole s’invertirono formando le compie: Daniel Ryder – Yvaine Finch e Dylan Johnson – Ivana Ford. Nessuno se ne sarebbe accorto, neanche il professor Lair, i nomi erano troppo simili per destare sospetti. Soddisfatto, Daniel si allontanò dal foglio, un sorriso compiaciuto si disegnò sul volto perfetto del ragazzo, ora si che avrebbe avuto tutto il tempo per parlarle. Mentre si dirigeva in classe, cominciò a pensare a quella sensazione provata poco prima.
    Che fosse gelosia?

    Yvaine era rimasta bloccata, mentre lui le passava accanto senza fermarsi. Perché si era bloccato il cuore? Yve si tastò le guance, un po’ di rossore le aveva colorato il viso, non doveva farsi prendere dall’emozione, non poteva illuminare tutta Clovis di giorno. Si voltò a guardarlo, la sua andatura elegante lo distingueva dagli altri, il suo modo di fare distaccato ma gentile lo rendeva simile a un eroe di altri tempi. Si, il suo Daniel era proprio un bel ragazzo. Suo? Aveva pensato suo, non poteva. “Non posso. Lui è umano, io no. Non potrei mai stare con lui, io sarei eterna e lui no. È umano – pensò la ragazza, mentre si dirigeva verso l’aula di francese, lei sapeva però che lui non era tanto umano. La giovane entrò nell’aula di francese, vi era solo la professoressa, una certa Mademoiselle Claire Le Fontaine. La professoressa era una ragazza di appena venticinque anni, alta dai capelli castano chiaro e due occhi di un bellissimo azzurro, la presenza di una graziosa francesina costituiva anche la principale ragione della folla di giovani che aveva deciso di seguire quel corso. Yvaine salutò la docente, nonché madrelingua, con un educato – Bonjours Mademoisselle Le Fontaine -, la donna sorrise incantevole alla ragazza e rispose a sua volta - Bonjour Yvaine ! Comment vas-tu aujourd'hui ? – Yvaine si voltò alla domanda. Come andava? Dopo tutto quello che aveva appena provato? Si costrinse a rispondere – Ça va bien – cinguettò la giovane sedendosi in seconda fila. Pian piano la classe cominciò a riempirsi e la docente poté iniziare la lezione. Sentire la voce melodiosa di Claire Le Fontaine poteva condurre al sonno, mentre la professoressa invita Alice Newton a ripetere il passaggio dal presente all’imperfetto, Yvaine si dedicò ad altri pensieri: Daniel. Si sorprese a pensare al suo sguardo, al suo viso perfetto, al sorriso che raramente le aveva rivolto o che aveva rivolto ad altri. Era un puro mistero quel ragazzo, nonostante fosse bellissimo e ricchissimo, non aveva voluto prendere parte alla top ten dell’istituto, quasi come se la vita terrena fosse per lui solo una maschera, una terra di passaggio, dove non mostrarsi uguali agli uomini, ma distinguersi e non rivelarsi superficiali come invece erano i tre quarti della CHS.

    Qualche aula più avanti, a lezione di fisica, Daniel scriveva veloce la soluzione al problema del compito. Quel giorno Mr Newton aveva deciso di fare un compito in classe a sorpresa, tutti si erano seduti nel più completo panico, tranne Daniel, che aveva preso il foglio, portoli dal professore, e aveva iniziato a risolvere il problema. Non capiva perché tutto quella confusione per un compito, alla fine erano argomenti che avevano ripetuto fino alla noia, come non potevano non saperli risolvere. Daniel guardò il questionario davanti a lui, mancava solo il test a scelta multipla e aveva finito, ma cosa potevano essere delle crocette per lui che doveva assumere il controllo di un regno. Quando sarebbe tornato a Varyon non lo sapeva, non sapeva neanche il perché della sua permanenza sulla terra che durava da diciotto anni circa. Pose l’ultima crocetta sulla risposta esatta e consegnò dieci minuti in anticipo mentre il professor Newton concedeva uno dei suoi rari sorrisi. Tornò a posto, mentre qualche ragazza lo seguiva con lo sguardo invece di pensare al compito. Si passò una mano tra i capelli castano chiaro e sospirò, quanto erano superficiali e futili le sue compagne di classe, era impossibile quantificarlo. Era costretto, giorno per giorno, a vivere in quel mondo per scelta dei suoi zii. Si, Ursula e Robert Ryder non erano i suoi genitori. I suoi veri genitori erano rimasti a Varyon, mentre lui era stato mandato sulla terra all’età di appena due anni, anche se a quell’età aveva ancora l’aspetto di un bambino piccolo. Ora, in effetti, aveva venti anni, ma ne dimostrava diciassette come i suoi coetanei. Si aggiustò i capelli sulla fronte, rivelando un orecchio affusolato e leggermente a punta.

    Yvaine raccolse le sue cose e si preparò a uscire dall’aula, un saluto alla professoressa Le Fontaine e uscì dall’aula per prima, evitando la folla urlante di ragazzi e ragazze. Le prime due ore di lezione erano finite. Ora doveva affrontare una lezione con il caro signor Thompson, professore di Letteratura Inglese. Lungo il corridoio, diretta all’aula d’inglese Yvaine pensò a Daniel, quel ragazzo le era penetrato nel cervello e non ne capiva il motivo. Quella scossa lungo la schiena, quel brivido lungo la pelle, lo stomaco in subbuglio a ogni sguardo del ragazzo la faceva rabbrividire, non di paura, ma di una sensazione che non conosceva e per la quale non sapeva scegliere nome. Camminava a testa bassa, evitando i ragazzi che uscivano veloci dalle aule, passò distrattamente davanti all’aula di Fisica, e lì una nuova stretta allo stomaco, un nuovo brivido lungo la schiena, ne era sicura: Daniel la stava guardando.

    Daniel si era alzato al suono della campanella, due ore di fisica erano passate molto velocemente. Guardò i suoi compagni consegnare rassegnati i fogli del compito, qualcuno scritto, qualcun altro di meno. Daniel sorrise, non aveva avuto nessun problema con il compito a sorpresa, i problemi erano venuti dopo, quando finito il test, era rimasto a pensare. La sua mente si era rivolta immediatamente a lei, alla sensazione della mattina appena iniziata, al suo sguardo azzurro che sembrava abbattere qualsiasi barriera attorno al cuore, anche la più dura: la sua. Uscì dalla classe, il pensiero ancora rivolto a Yvaine, alla sensazione lungo la schiena, al brivido che gli procurava fissare i suoi occhi cristallini. Aveva Letteratura Inglese, lo attendeva una delle tante lezioni con il signor Thompson. Un’ora che sicuramente sarebbe passata lentamente, il professore aveva la capacità innata di far sembrare noioso anche William Shakespeare. Poi si ricordò, era una delle ore comuni con Yvaine,occasione ottima per poter sondare nuovamente i suoi pensieri. Era ancora preso da questi ragionamenti, quando sentì un brivido lungo la schiena, una stretta allo stomaco, alzò lo sguardo e la vide. In quel momento passava Yvaine davanti a lui.

    Yvaine lo guardò titubante, non riusciva a credere, di nuovo quella sensazione, piacevole ma sconosciuta. Sorrise appena, non sapeva che fare. Si fece coraggio e con naturalezza si avvicinò al ragazzo e mormorò.
    – Ciao. –
    La sua voce era appena un sussurro, un sussurro fatto dal vento. Lo guardò mentre sembrava passare un’eternità, poi sentì la risposta arrivare nel suo cuore, come se volesse preparala al suono della voce. Daniel rispose, una voce a dir poco sublime, quasi come se la stessa musa Calliope stesse cantando. - Ciao, Yvaine giusto? -
    La domanda finale, velata da una punta di malizia, lo rendeva maledettamente affascinante e misterioso, pensò Yvaine.
    La giovane lo fissò, mentre nella sua testa circolavano nella sua testa i pensieri più strani, pensieri che Daniel non doveva sentire perché per lei imbarazzanti.
    “Come fa?” si domandò fra sé, mentre fissava inebetita il giovane ragazzo, davanti a lui diventava una sorta di gelatina, una stella gelatina. Quasi rise al pensiero di lei trasformata in enorme gelatina a forma di stella, poi mentre passavano pochi secondi si ritrovò a fissare Daniel ad una distanza molto ravvicinata, sempre meno dei trenta metri che si era imposta. “Come fa a farmi sentire così?” rimuginò tra sé, mentre si mordeva un labbro e si costringeva a rispondere al ragazzo.
    Le mani cominciarono a sudare e tremante le mise in tasca, mentre un leggero velo di porpora copriva le sue guance. - Si sono io - mormorò Yvaine abbassando lo sguardo ed evitando le iridi cristalline del ragazzo.
    “Perché è così maledettamente bello!” si chiese la ragazza, poi come se scuotendosi da un sogno rimuginò “ma cosa sto pensando.” fissò ancora una volta il giovane, rimanendo incantata dal taglio perfetto del viso, dagli occhi chiari e curiosi, ma allo stesso tempo sicuri, dal suo profilo leggero e affusolato, dai capelli morbidi tanto morbidi da tentare. Ai suoi pensieri, in tutta risposta Daniel sorrise, un semplice ma divertito sorriso, non molto aperto ma neanche chiuso, un po’ inclinato e velato di mistero e malizia. - Bé che ne dici di avviarci insieme in classe - propose il ragazzo, mentre tendeva una mano per prendere dalla spalla della ragazza la borsa. Yvaine rimase bloccata senza riuscire a parlare, si limitò ad annuire in modo impercettibile, mentre percepiva ancora la delicatezza con cui aveva preso la borsa sfiorandole la spalla, quasi come se il suo tocco sarebbe rimasto impresso in modo indelebile nella sua mente e sulla sua pelle.
     
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